Il sonno della farina genera il pane

September 23, 2015
in Category: Pasta&food
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Il sonno della farina genera il pane

Il sonno della farina genera il pane

Cucinare è un viaggio. Si parte caricando tutti i bagagli che ci serviranno, via via si scelgono i gesti più efficaci dall’infinita mappa a disposizione, si prosegue nel fitto reticolo di strade facendo attenzione agli incroci e ai dossi per arrivare a destinazione con gioia, distribuendo regali e saluti a tutti i commensali.

E’ un piccolo miracolo che si compie ogni volta. Un esempio? Ciò che accade grazie al “lievito madre”, una sorta di magico impasto che, lavorato a dovere, ci regala l’umile e il fedele alimento dell’uomo: il pane. Dopo averne staccato un pezzettino s’impasta con farina e acqua e per 18 ore si lascia dormire il “sonno delle mamme”.

Un sonno in cui il lievito, come se fosse una mamma in attesa del proprio bambino, è comunque al lavoro per dare al nascituro di cui non conosce ancora nulla occhi belli e i piedini da baciare. Una volta svegliato, l’impasto si lavora con acqua, per dissetare, e la farina che riteniamo più adatta: grano tenero, farro, segale, integrale o kamut. Si massaggia con ritmo, grazia e determinazione su un tagliere di legno o su un tavolo di marmo.

Mai sbatterlo con rabbia, se ne accorgerebbe. Poi si rimette a riposare. Questa volta, però, si tratta solo di una pennichella. Basta poco. Quando è panciuto a sufficienza l’impasto è pronto per la prova del fuoco.

E’ il rito della cottura in cui il calore lo avvolge come se fosse tra le braccia di un amante… focoso: l’impasto sale in alto per sfuggirlo, poi si allarga per accoglierlo, e al termine, sfinito, si concentra verso l’interno, ritrovando finalmente l’equilibrio.

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