Di questi tempi, oltre alle guerre e alla normale fatica esistenziale, l’uomo è vittima di un’angoscia distopica frutto della paura che l’intelligenza artificiale ci rimpiazzi senza dirci nemmeno grazie. Semplici autori della nostra disfatta.
Il pensiero, però, nasce da un errore di rappresentazione. Non è corretto considerare l’intelligenza artificiale come la totalità della nostra intelligenza, è solo una parte del nostro pensare. “Quello che non dobbiamo mai scordare – ha spiegato il professore Nicola Perullo, rettore dell’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, intervenuto alla festa Artusiana – è che all’intelligenza artificiale manca il vissuto delle esperienze. Il godimento del momento, il gusto delle cose… Nel campo alimentare, per esempio, quello in cui è bravissima l’intelligenza artificiale è il riconoscimento di un sapore oppure il quantificare la qualità di un prodotto con indicatori prestabiliti. Non è, invece, capace di incrementare la conoscenza che si forma assaggiando, non evoca il pensiero che ci richiama un odore, non sa cosa voglia dire far precipitare una sensazione. Insomma, può far tanto, ma ‘intelligenza artificiale non è in grado di vivere l’esperienza morso dopo morso”.
E come dargli torto davanti a un fumante piatto numero 71 dell’Artusi (tagliatelle all’uso di Romagna) cucinato da un intelligente artigianale?