Vegani o tradizionali? Perché non portiamo in tavola il buon senso?

November 8, 2016
in Category: Pasta&food
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Vegani o tradizionali? Perché non portiamo in tavola il buon senso?

Vegani o tradizionali? Perché non portiamo in tavola il buon senso?

La carne è il demonio, la verdura il paradiso. Ma  visto che un po’ di proteine servono per sostenersi, da un po’ di tempo la soia e tutti i suoi derivati sono diventati la salvezza. Ormai è questa la nuova filosofia dell’alimentazione: viva il veg (vegano), abbasso il trad (tradizionale).

Ma ve l’immaginate voi un bel piatto di bollito, col suo sapore di casa e di feste, essere preso a rappresentante della quintessenza del male? O l’antica polpetta, piatto da servire anche ai nonni senza denti, essere sinonimo di aggressività? E la classica scaloppina, sfiziosa e un po’ bugiarda, intenta a spargere veleno ovunque passa. Per non parlare della cotoletta, che se è fatta di carne t’ammazza, se è di soia ti cura. Ma sarà tutto vero quello che ci vogliono far credere in questi ultimi anni?
Nei supermercati c’è sempre più gente che acquista a occhi chiusi impanate di spinaci e tofu,  dure come suole di scarpe, cotolette di pomodori secchi e soia, dal colore improbabile, polpette di seitan con curcuma e rosmarino, più belle da vedere che buone da mangiare. E parlo così con cognizione di causa, perché ogni tanto anche a me è capitato di acquistarli e mangiarli. Ma, come ho detto, ogni tanto. Essendo terribilmente curiosa mi piace provare tutto quello che non conosco, restando però sempre fedele al principio del buonsenso, che tra le sue migliori compagne di viaggio ha la varietà.

Mangio di tutto, a secondo della giornata e dello stato d’animo. Generalmente propendo per un’alimentazione varia a maggioranza di verdure, legumi e pesce, ma non disdegno nemmeno carne e formaggi. Mi piacciono i cereali (miglio, farro, quinoa, riso integrale, couscous…) ma anche un bel piatto di pasta condito.

Davanti al maggiore  gradimento da parte del consumatore medio per quei prodotti precotti di cui ho parlato prima (polpette di seitan, cotolette di soia, al quale molti aggiungono anche latte di soia, burro di soia, gelato di soia. Ma mai, mi raccomando, olio di palma…) mi sorgono due perplessità. La prima è di gusto: secondo me, alla lunga, hanno tutte lo stesso sapore e non sono buone. La seconda è di natura salutistica: ma perché è meglio la soia (che dal 40 al 100% del totale è geneticamente modificata) di una profumata fetta di formaggio, magari prodotta dal contadino? O di una fuori moda fetta di carne di bovino? La soia, ho letto in vari articoli scientifici, contiene delle sostanze che possono interferire con la funzionalità della tiroide (causando ipotiroidismo) e il consumo giornaliero di soia e derivati ha aumentato in modo esponenziale le allergie e le intolleranze. C’è chi dice che, in grandi quantità, sia tossica. Invece di rimpinzarsi di questi prodotti già preparati, non sarebbe meglio ridurre in generale l’apporto giornaliero di cibo e mangiare un po’ di tutto, guardando di più alla provenienza e alla qualità dei prodotti che al vegano a tutti i costi? Secondo me ne guadagneremmo in felicità, gusto e salute. Ma, forse, sono io che sono irrimediabilmente trad.

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